Dall’inquinamento alla soluzione: l’analisi dei fattori inquinanti del Fashion

Dall’inquinamento alla soluzione: l’analisi dei fattori inquinanti del Fashion

Il settore del Fashion oggi vale 1.2 trilioni di dollari con un valore medio annuale di oltre 250  miliardi soltanto negli Stati Uniti. Nell’industria della moda operano milioni di persone in tutto il mondo e questo è parte della nostra quotidianità. Ma da grandi poteri derivano grandi responsabilità e sembra che questo settore di proporzioni mastodontiche sia anche responsabile di ingenti sprechi e di forte inquinamento.

Mossi dai big players del retail, dai governi e dalla sfera pubblica, alcuni dei piani globali di risanamento dell’ambiente sono già in atto – grazie anche alle nuove ed emergenti tecnologie. Con la riduzione degli sprechi, le grandi aziende nel mondo del retail potranno essere considerati i responsabili del risanamento del pianeta, vincitori della minaccia dell’inquinamento e giocare un ruolo significativo in questo ambito.

Sporcarsi le mani

Il settore tessile e dell’abbigliamento è fonte di molti sprechi di ogni tipo ; liquidi, solidi e gassosi.

Il principale fattore è l’acqua; oggi il settore tessile causa circa il 20% dell’inquinamento idrico industriale. I colori vivaci e le stampe rendono certamente i capi più attraenti, ma allo stesso tempo sono il risultato dell’uso di sostanze chimiche tossiche. I processi di taglio / dimensionamento, sgrassatura, candeggio, regolazione del calore e stampa, inquinano le fonti di acqua pulita a cui attingono le grandi fabbriche tessili.

Con il progressivo aumento della consapevolezza nella sfera pubblica e governativa e la costante lotta per ripulire l’ambiente, l’industria dell’abbigliamento sta implementando nuove tecnologie per fornire valide alternative ai solventi dannosi, come i polimeri fluorurati a catena corta utilizzati per togliere le macchie e l’acqua.

La nota casa di moda Levi’s ha avviato un processo aziendale finalizzato allo screening dei nuovi prodotti per rilevarne il livello di tossicità e aggressività. L’azienda, rispettosa dell’ambiente, sta ora utilizzando processi elaborati che escludono l’acqua nella fase di stone-wash (effetto “slavato”) e combinano più step di finissaggio e lavaggio. Il gigante del retail stima che questa nuova tecnologia implementata riduca il consumo di acqua fino al 96% per alcuni stili e prevede di espandere il processo fino a coprire l’80% della sua produzione entro il 2020.

Tuttavia, con oltre il 25% delle sostanze chimiche utilizzate nel mondo per la produzione tessile, l’industria della moda è la seconda industria più inquinante al mondo, dopo quella petrolifera. Oggi le emissioni di gas dagli impianti di produzione tessile rappresentano il 10% delle emissioni globali dei gas serra, cifra equivalente alla quantità prodotta da tutti i paesi dell’UE messi insieme. L’industria della moda è sovraccarica di processi i cui effetti ricadono direttamente nell’aria, incluse le operazioni di finissaggio e asciugatura della resina, la stampa, la tintura e la preparazione del tessuto. Ma l’industria della moda gode di una grande influenza globale che promuove la sostenibilità, e sono stati compiuti sforzi straordinari per ridurre l’impatto ambientale. Le tecnologie all’avanguardia hanno portato a rivedere i processi per consumare minor quantità di sostanze chimiche o servirsi di materiali ecocompatibili. Tra questi l’uso dell’energia ultravioletta per la tintura, i sistemi di riciclaggio di solventi organici utilizzati nella stampa dei pigmenti tessili, la stampa tessile digitale, la stampa a trasferimento termico, il finissaggio senza formaldeide e la bio-lucidatura.. solo per citarne alcuni.

Riemergere dalle ceneri

L’inquinamento prodotto da rifiuti solidi riguarda gli scarti residui generati dall’industria tessile. Nonostante non siano ritenuti pericolosi alla fine della linea di produzione, i tessuti rimanenti, i filati e i materiali di imballaggio devono essere smaltiti. Questi materiali sono destinati alle discariche, e i camion che li trasportano sono spesso lasciati a marcire. Secondo l’ente di beneficenza TRIAD (Textile Recycling for Aid and International Development) con sede nel Regno Unito, a livello nazionale, ogni anno vengono buttati 1,4 milioni di tonnellate di vestiti e scarpe.L’industria della moda sta puntando molto sulla sostenibilità e grazie all’aiuto della tecnologia, sta diventando sempre più ecologicamente consapevole. Secondo il World Economic Forum (WEC), sono stati fatti grandi passi avanti per ridurre l’impatto ambientale dei vestiti, in particolare l’approvvigionamento e la promozione di materiali sostenibili.

In questo ambito, sono state introdotte alcune novità come le fibre di plastica derivanti dai rifiuti oceanici, usate per la creazione di indumenti e calzature. Anche l’uso del cotone biologico sta diventando uno standard. Nonostante il cotone organico sia molto più costoso da coltivare e trattare, risulta essere un’alternativa più sostenibile rispetto al cotone standard. Il cotone biologico riduce l’impatto ambientale, perché, a differenza del cotone tradizionale che utilizza quasi il 16% di insetticidi e il 7% di pesticidi, il cotone biologico si produce senza l’uso di sostanze chimiche tossiche. La sua produzione non danneggia il suolo, ha meno impatto sull’aria e necessita di un apporto inferiore di acqua (circa il 71% in meno) così come richiede il 62% in meno di energia rispetto al cotone standard. Malgrado i costi, il cotone biologico si sta rilevando rapidamente un’alternativa valida per molti produttori di abbigliamento.

Sembra che il passaggio alla moda biologica ed eco-compatibile sia in progressivo aumento. L’organizzazione internazionare per la normalizzazione (dall’acronimo ISO), in collaborazione con leaders e ricercatori del settore, sta ora creando standard globali per i sistemi di etichettatura con l’obiettivo di identificare gli indumenti che soddisfano i criteri ‘ecologici’.

Aria di cambiamento

Mentre giganti del mondo del retail, governi e organizzazioni ambientali lavorano instancabilmente per ridurre l’impronta di carbonio e combattere la guerra all’inquinamento globale, la fine di un abito o di una borsa a basso costo non deve essere la pattumiera o la discarica. Con l’implementazione di tecnologie avanzate che schermano i contaminanti, l’utilizzo di materie prime sostenibili e le sostanze chimiche e solventi non tossici che forniscono e promuovono alternative “verdi” ai processi standard odierni, l’industria della moda si sta lentamente muovendo verso un futuro più sostenibile.

Gli sviluppi più importanti, tuttavia, si riscontrano nell’uso di alcune nuove tecnologie e nella trasformazione digitale. Non solo per motivi di social responsibility, ma soprattutto per l’ottimizzazione del processo di produzione in generale. Molte aziende tecnologiche accettano la sfida e cercano di creare processi e flussi di lavoro che si concretizzano specialmente nella riduzione degli sprechi dei processi di produzione. Ma nonostante le iniziative in ambito di innovazioni digitali da parte dei grandi players del settore, gli investimenti a favore della riduzione dell’inquinamento incidono ancora troppo poco sul budget aziendale. Da non dimenticare che l’impatto ambientale non ha prezzo.Capire che l’inquinamento è frutto di una responsabilità collettiva porta alla consapevolezza, e la stessa consapevolezza porta al cambiamento. Non esiste una sola soluzione all’inquinamento. È, tuttavia, l’impegno globale di tutto il settore a ridurre gli sprechi nei suoi processi produttivi, utilizzando le tecnologie esistenti o sviluppando i propri metodi di riduzione degli elementi inquinanti che porteranno al tanto atteso cambiamento.

Rotem Taitler

Rotem Taitler

  •  
  •  
  •